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SU-76
JSU-12, JSU-125
Cujkov,
l'eroe di Stalingrado
Berlino, 30 aprile 1945, mezzanotte. I! cadavere del Fuhrer, cosparso con
170 litri di cherosene, è appena finito di bruciare; nel piccolo cortile
antistante l'uscita del bunker della Cancelleria ristagna ancora un lezzo
acre e disgustoso, nei sotterranei ufficiali e ausiliarie si ubriacano e ballano,
come liberati da un incubo. A lenti passi l'ultimo capo di Stato Maggiore
dell'esercito tedesco, General Oberst Hans Krebs, attraversa le linee preceduto
da due sottufficiali con bandiera bianca e fiancheggiato da due altri ufficiali
con le bande rosse ai pantaloni ad indicare l'appartenenza allo Stato Maggiore
e si presenta al comandante della grande unità sovietica che ha fatto
irruzione nella ridotta interna della capitale del Reich.
Questo comandante, questo condottiero dell'Armata Rossa è Cujkov, l'eroe
di Stalingrado, il grande avversario di Paulus: ben merita il vanto di essere
il primo a ricevere l'offerta di resa da parte di quella stessa orgogliosa
metropoli alla quale Hitler voleva cambiare il nome in quello piu rappresentativo
di "Germania" e farla diventare, con l'aiuto di una megalomane architettura
da fantascienza affidata al fedelissimo Speer, la capitale del mondo. Cujkov
aspetta impassibile, fa un lieve cenno del capo, sa che Hitler si e ucciso.
II generale Krebs, che e stato addetto militare tedesco a Mosca e conosce
molto bene la lingua russa, tenta di avviare la conversazione con un tono
disinvoltamente allegro, come se l'invasione tedesca in Russia non avesse
provocato venti milioni di morti, e dice: "Oggi è il primo maggio,
una grande festa per le nostre due nazioni". Cujkov risponde con gelida
freddezza, nella quale tuttavia si puo intravedere un sottile filo d'ironia:
"Per noi oggi e una grande festa, ma è difficile dire come vadano
le cose da voi laggiu".
Abbiamo voluto parlare di Cujkov accennando subito a questa inarrivabile "ora
di gloria" del generale anche per rendergli giustizia: fra i grandi soldati
della guerra Cujkov è infatti uno dei meno conosciuti, per tante ragioni,
ivi compresa l'invidia di Stalin e di Zukov che lo tenevano sempre sotto stretto
controllo, ma in realtà ebbe una parte determinante nella guerra, piu
di tante altre figure diventate famose. Ed ebbe una grande parte anche nel
dopoguerra, perché per lunghi anni, fra il 1946 e il 1953, fu prima
vicecomandante e poi comandante in capo delle truppe di occupazione sovietiche
in Germania, con sede nel Quartier generale di Karlshorst, nei giorni "caldi"
dei maggiori contrasti tra gli Alleati, la chiusura delle frontiere di demarcazione,
gli accessi occidentali a Berlino, il ponte aereo, la divisione della citta
con il famoso "muro".
Un figlio della Grande Madre Russia
Come persona, Vassilij Ivanovic Cujkov assomiglia marcatamente a tanti altri
ufficiali sovietici: ha cioè il tipo fisico caratteristico della gente
slava, media statura, corpo grosso e tarchiato (quello che i francesi dicono
"trapu"), faccia larga dagli zigomi rilevati, capelli scuri e abbondanti,
sguardo vivissimo sottolineato da ciglia nere e folte, una naturale lentezza
di modi e di espressione. Nato nel febbraio del 1900 a Serebrjanye Prudi (che
in russo significa "stagno d'argento") nel distretto di Tula, a
sud-ovest di Mosca da una famiglia di contadini poveri (i suoi nonni erano
stati fino al 1868 "servi della gleba" di un principe) rappresenta
il sangue russo allo stato puro entro quel variopinto mosaico di nazionalità
fra caucasici, grandirussi, ucraini, ebrei e tartari che caratterizzava l'impero
zarista.
Gia da ragazzo, Vassilij dimostra di essere uno che sa quello che vuole e
si da da fare per ottenerlo. A dodici anni appena compiuti lascia la famiglia
e se ne va da uno zio a San Pietroburgo - la futura Leningrado - in cerca
di lavoro. Trascorre qualche mese come manovale in un'officina, poi si sistema
da un artigiano e impara il mestiere del sellaio. Quello che diventera un
condottiero di carri armati comincia con l'occuparsi di cavalli.
Ma il mestiere dell'operaio non gli piace. In quegli anni Pietroburgo è
un centro di discussioni, di idee e di contrasti violenti. Nel mese di ottobre
del 1917, esattamente alla vigilia della Rivoluzione bolscevica, e quindi
nel tumultuoso periodo tra la caduta dello zarismo e la presa del potere da
parte dei comunisti guidati da Lenin, il giovane decide da un giorno all'altro
di arruolarsi nell'esercito di Kerenskij, già in pieno disfacimento,
e viene assegnato ad un distaccamento di minatori-zappatori. Ma ha appena
il tempo di indossare la divisa, la sua è una "macchia" che
dura poco. Vassilij e un ragazzo di diciassette anni, non si intende di politica,
non ha certamente studiato il marxismo ma si sente spontaneamente dalla parte
dei proletari, non da quella degli intellettuali, né tanto meno da
quella dei nobili. Inoltre possiede un fiuto (e lo dimostrerà ad abundantiam
in seguito) che lo spinge a cavarsela in qualsiasi circostanza. Passa quindi
dalla parte dei rivoluzionari, non solo, ma porta con se anche un gruppo di
commilitoni. Gia nella primavera del 1918 aderisce all'Armata Rossa che Trockij
sta faticosamente organizzando. Poche settimane dopo si mette in luce (e il
fatto verra debitamente riportato nel suo curriculum di partito) per la parte
avuta nel soffocare un tentativo di ammutinamento inscenato a Mosca da un
gruppo di social-rivoluzionari.
L'impresa gli merita la nomina a ufficiale; negli anni della guerra civile
la sua attivita è incessante, si batte sul fronte ucraino contro Krasnov
(l'atamano che fuggira in occidente e diventera famoso come romanziere con
il libro "Dall'aquila imperiale alla bandiera rossa") e poi sul
fronte centro-siberiano contro le formazioni bianche e cecoslovacche dell'ammiraglio
Kolcak. Intorno alla metà del 1920 è in Polonia, dove è
ferito ad un braccio durante la sfortunata offensiva su Varsavia. Viene premiato
con due decorazioni sul campo. Decide di dedicarsi alla carriera militare,
viene ammesso all'Accademia di Guerra che poi ricevera il nome di "Istituto
Frunze" e termina i corsi con la menzione di ottimo. Come primo servizio
è trasferito ad un compito oscuro di guarnigione, nell'Asia centrale,
dove sorgono a una a una le nuove repubbliche sovietiche rovesciando i vecchi
kanati, come quello di Buchara. Nel 1929, su sua domanda, è assegnato
all'Armata di Bluecher e mentre questi combatte contro i giapponesi, in una
serie di scontri più o meno ufficiali, Cujkov diventa consigliere militare
del Kuomintang e di Chiang Kai-Shek in particolare: compito non facile, dato
che Chiang aveva appena finito di sterminare i comunisti rivoltosi di Canton.
Restera in Cina fino al 1938 - l'anno culminante della feroce epurazione staliniana
contro la vecchia guardia del partito e il corpo degli ufficiali superiori
- allorché viene posto alla testa d'un corpo d'armata e poi di un'armata
nella regione militare della Bielorussia. Sono mesi e settimane di intensa
drammaticità; nulla riesce a fermare il mondo impazzito che sta correndo
verso la guerra. Nel settembre 1939 Cujkov entra in Polonia (in seguito al
patto russo-tedesco di amicizia e di non aggressione dell'agosto precedente
e dopo il crollo delle difese polacche a opera della Wehrmacht) e stringe
la mano a von Bock e a Guderian arrivati a tutta velocita da ovest. Subito
dopo prende parte, per poco piu di un mese, all'infelice campagna invernale
dei russi contro la Finlandia, agli ordini del maresciallo Timosenko.
Non ha tempo per assistere alla firma dell'armistizio. Un ordine dal Cremlino
lo richiama in Cina, a Nanchino, questa volta con la qualifica ufficiale di
addetto militare sovietico presso il governo di Chiang. Un incarico svolto
con sicurezza ed efficacia, e di cui Stalin terra conto quando decidera di
affidare a Cujkov l'amministrazione della Germania occupata.
II generale restera nella capitale del Celeste Impero fino alla primavera
del 1942.
"Conservare Stalingrado o morire"
Finalmente il richiamo al servizio attivo, sul campo di battaglia. La designazione
di Cujkov, allora maggiore generale, ma tranne l'intermezzo polacco e finlandese,
sempre vissuto un po' al di fuori dei ranghi piu strettamente militari a causa
dei compiti diplomatici via via affidatigli, al comando d'uno dei settori
piu delicati e forse decisivi dell'intera guerra sul fronte orientale, non
è mai stata spiegata chiaramente. Nelle sue memorie (tradotte in inglese
nel 1963 con il titolo The beginning of the road, cioe L'inizlo della strada,
ma a quanto ci risulta mai comparse in Italia) Cujkov e quanto mai reticente
al riguardo, non dice chi abbia proposto il suo nome a Stalin, che senza dubbio
era l'unico cui toccasse in ultima istanza di decidere. Probabilmente è
stato Vasilijevsk, che aveva conosciuto Cujkov in oriente e lo stimava molto;
certo non è stato Zukov, che nelle sue memorie riesce a scrivere ottocento
pagine facendo menzione soltanto due o tre volte, e così en passant,
del suo quasi omonimo rivale e subordinato.
In un primo momento, comunque, Cujkov è richiamato si, in occidente,
a disposizione della Stavka, ma non ottiene un comando. La sua ora deve aspettare
fino a settembre, quando la battaglia di Stalingrado si avvicina al momento
della verità. Il 2 settembre la 6° Armata di Paulus e la 4°
Corazzata di Hoth si congiungono sulle colline che dominano la citta: per
i russi la causa sembra perduta in partenza. Tutte le comunicazioni terrestri
con Stalingrado sono tagliate e i vettovagliamenti della guarnigione sono
possibili soltanto attraverso il Volga. II generale Lopatin, comandante della
62° Armata sovietica, ritiene la citta indifendibile e chiede l'autorizzazione
di attraversare il fiume. Viene destituito sul posto. Stalin proclama alla
radio che la Russia non ha piu territori da cedere, poi chiama al telefono
il comandante del gruppo d'armate (Eremenko, mentre Zukov comanda l'intero
settore centro-meridionale del fronte) e il suo nuovo commissario politico,
Nikita Chruscev. Al termine della conversazione viene convocato Cujkov. "Compagno
Vasilij Ivanovic, siete nominato comandante della 62° Armata. Avete un
solo ordine da eseguire, conservare Stalingrado o morire."
Una bomba a mano e avanti
Da quel giorno Cujkov diventa per i sovietici l'eroe di Stalingrado, anche
se Stalin, gelosissimo di ogni autorità che possa in qualche modo,
anche lontanamente, dar ombra alla sua, lo terra sempre "in riga",
come del resto farà anche con Zukov e Rokossovskij. Due ore dopo aver
ricevuto l'ordine, Cujkov ha gia lasciato il Quartier generale del fronte
a Yami, dove è stato a rapporto da Chruscev ed Eremenko, e inizia un
angoscioso viaggio in jeep lungo la sponda sinistra del fiume. Finalmente
a Krasnaya Sloboda, un traghetto sul Volga gli permette di penetrare nella
citta in fiamme. Da ventiquattr'ore Stalingrado si trova sotto il bombardamento
continuo dell'artiglieria pesante della 6° Armata tedesca. Mentre il traghetto
si avvicina all'approdo, schegge di granata e pallottole morte di shrapnel
schizzano "come trote" nell'acqua scura, la cui temperatura risulta
aumentata per le fiamme.
Cujkov nflette; sono sue parole: "Chiunque non avesse avuto esperienza
di guerra, avrebbe potuto pensare che nella citta in fiamme non ci fosse piu
vita, che tutto fosse stato distrutto o bruciato. Ma io sapevo che dall'altra
parte del fiume si combatteva, che era in corso una lotta titanica.... Purtroppo,
"aggiunge Cujkov, "il mio predecessore generale Lopatin si era tanto
convinto dell'"impossibilità e inutilità di difendere la
citta", che il senso di avvilimento "si era indubbiamente comunicato
ai subordinati...".
Cujkov situa il suo posto di comando in una trincea conosciuta come il bunker
"Tsaritsyn" presso il ponte di via Pushkin. Ordina di far immediatamente
affluire al fronte - reparto per reparto, battaglione per battaglione - la
13° Divisione di fanteria della Guardia agli ordini del generale Rodimtsev
ma ora dipendente operativamente da Cujkov, blocca una nuova irruzione nazista
servendosi delle ultime riserve di carri armati a sua disposizione. Si combatte
casa per casa. Cujkov, nonostante ogni sforzo, è costretto a trasferire
il suo quartier generale dal bunker "Tsaritsyn" a Matvejev-Kurgan,
ma non cede. Rivela un'energia inesauribile (di lui il suo avversario, lo
sconfitto Paulus, dirà:"Cujkov non è un generale, è
uno stregone"), riesce a infondere coraggio alle truppe, a rianimare
gli ufficiali,senza falsa retorica ma aderendo sempre, nelle disposizioni
tattiche, a una spietata realtà.
Cujkov racconta ancora: "L'esperienza ci insegnò ad avvicinarci
alle posizioni del nemico; a muoverci a carponi sfruttando le buche e le macerie;
a scavare le trincee di notte e a mimetizzarle di giorno; a prepararci all'attacco
senza fare alcun rumore; a portare i mitra sulle spalle; a portare da dieci
a dodici bombe a mano. La tempestività e la sorpresa saranno allora
nostre alleate [...]. In una casa si entra in due: tu e una bomba a mano;
entrambi senza troppi impacci: tu senza lo zaino, la bomba a mano senza la
sicura; prima va dentro la bomba a mano, poi ci vai tu; entra in tutti i locali
della casa, e sempre prima la bomba a mano e poi tu [...]. C'e un'altra regola
precisa, ora: fatti spazio! Ad ogni passo e in agguato il pericolo. Non importa:
una granata in ogni angolo della stanza, poi avanti! Una raffica di mitra
su cio che e rimasto; ancora un po' piu avanti: un'altra bomba a mano e poi
ancora avanti! Un'altra stanza: una bomba a mano! Una voltata: un'altra bomba
a mano! Una raffica con il mitra! E poi avanti!
All'interno dell'edificio che tu attacchi il nemico può passare al
contrattacco. Non avere paura. Tu hai già preso l'iniziativa, è
nelle tue mani. Agisci con decisione servendoti della tua bomba a mano, del
tuo mitra, del tuo pugnale e della tua baionetta! II combattimento dentro
un edificio è sempre confuso. Percio sii sempre pronto ad ogni evenienza.
Tieni gli occhi aperti...".
Questa pagina di Cujkov, forse una delle piu spaventosamente brutali dell'intera
letteratura militare, descrive in modo ineguagliabile l'epopea di Stalingrado,
che e anche in certa misura l'epopea personale di Cujkov. II resto della sua
carriera non ha praticamente storia se non nei volumi strettamente tecnici
sullo svolgimento delle operazioni. Dopo aver partecipato non soltanto alla
difesa della metropoli sul Volga ma anche alla grande offensiva scatenata
il 19 novembre, e conclusasi ai primi di febbraio del 1943, Cujkov è
destinato con la sua armata, che nel frattempo ha assunto il nome di 8°
Armata della Guardia, come un riconoscimento ufficiale, al fronte sud-ovest
(generale Malinovskij) che guida la battaglia del Dniepr, da agosto a dicembre.
Partecipa alla liberazione di Zhdanov (gia Mariupol), di Nikopol, di Krivoi
Rog (febbraio 1944) e di Odessa (10 aprile 1944).
Promosso colonnello generale, alla meta del 1944 è assegnato con la
sua armata al primo Fronte bielorusso (generale Rokossovskij) e prende parte
all'operazione Lublino-Brest, ini-ziatasi il 18 luglio e portata a termine
alla fine d'agosto con l'attraversamento della Vistola tra Lublino e Varsavia.
Subito dopo avanza in direzione di Lodz e il 29 gennaio raggiunge e attraversa
la frontiera tedesca. Ancora tre mesi e concludera la sua attivita bellica
accettando a Berlino l'offerta di resa di Krebs.
Non gli mancarono i riconoscimenti: membro del Comitato centrale del partito
al XXIII Congresso, deputato permanente del Soviet supremo, due volte eroe
dell'Unione Sovietica, titolare di cinque Ordini di Lenin e di quattro della
Bandiera Rossa, di tre Ordini di Suvarov (in totale 44 Ordini e medaglie,
un bel petto) dopo la guerra ricoprì anche incarichi di carattere politico.
Governatore della Turingia nel 1946, nel 1949 è a capo della zona sovietica,
divenuta intanto Repubblica Democratica della Germania orientale. Promosso
maresciallo nel 1953, viene sostituito da Grecko e ottiene il comando del
distretto militare di Kiev. Dal 1960 è in pensione.
Bibliografia: Vedi pagina contatti
Col.Gen. Vassilij Ivanovic Cujkov |